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I ghazal post-moderni di Medhi Mousavi

Medhi Mousavi, come detto nel post precedente [ Due silenzi fecero una voce… Fatemeh Ekhtesari (e Mehdi Moosavi) ] è stato condannato dalla Corte rivoluzionaria di Tehran per aver “insultato il sacro” tramite le critiche sociali espresse nelle sue opere poetiche.

Medhi Mousavi è conosciuto come la figura di rilievo del più radicale dei movimenti poetici contemporanei iraniani. Medhi Mousavi è un poeta prolifico che ha pubblicato cinque raccolte poetiche e moltissime poesie sparse diffuse tramite la rete, soprattutto sul suo blog personale Postmodern Ghazal and . . . (solamente in arabo). Il movimento di cui fa parte, quello del Gazal post-moderno, tenta di riprendere la tradizione classica (il Ghazal è una delle forme metriche proprie della poesia persiana classica) adattandola ai temi politici e sociali dell’Iran contemporaneo.

Molti dei lavori prodotti da questo movimento hanno subito le dure censure del governo iraniano. A causa della loro non conformità ideologica al regime quasi la totalità delle loro opere è stata bannata dall’Iran. Nonostante ciò sono state largamente distribuite nei circuiti alternativi.

Le prime due poesie che ho tradotto sono tratte dalla sua prima raccolta Gli angeli si sono suicidati del 2002. La terza è tratta dalla raccolta Le ho pubblicate solo per te del 2005.

[Le notizie biografiche e le versioni inglesi su cui ho basato le mie traduzioni sono tratte da Four Poems by Mehdi Mousavi di Amir Khadem]


[1] 

Mi autorizzerai a pronunciare il tuo nome?
A perdere le prime passioni umane?
Mi autorizzerai, vero? Ad amare per elevare la mia anima
E piegarla dentro i palmi sudati delle tue mani?
A essere ancora bambino, a piangere senza motivo,
A lanciare nuovamente i sassi ad uno stormo d’uccelli in volo.
A diventare nuovamente una poesia, nel mio angolino,
O no! A chiamarti per telefono.
Seduta lì con il tuo abito da sposa tutto bagnato,
Che ancora aspetti che io ti chiami.
Per te nel primo capitolo delle tua vita,
Come potrei raccontare il finale di questo racconto?
Tu sei ritornata nuovamente affinché ti ami,
Ed io, mia cara, non ho nessun diritto per tirarmi indietro adesso!


[2] 

Vicino alla finestra un uomo guarda la sua vita svanirgli.
L’orgoglio mi aveva mostrato il suo dominio.
L’eclissi, vero? No! Il sole di mezzogiorno, desolato
Aveva spedito le sue condoglianze al cielo.
Avrei avuto un poco di pietà per me solo se
L’assurdità del tuo mondo mi avesse dato una possibilità.
Il tempo mi ha sempre schiacciato sotto i suoi passi.
Ha sempre scambiato il mio turno con quello degli altri.
Il ragazzo raccolse la lama e tagliò il suo polso.
Il padre stava ancora allevando il suo figlio immaginario*.
Poi venne il terremoto, l’apertura dei miei occhi
Per vedere che qualcuno mi scuoteva nel sonno.

* Nelle scuole elementari iraniane le prime frasi che vengono insegnate sono “baba naan daad” e “baba aab daad,” che tradotte significano “il papà ha portato il pane” e “il papà ha portato l’acqua”.


[3]

Volata via, la mia musa, dal volto di questi versi;
Alla ragazza sono cresciute le ali ed è volata via dalla mia casa.
I passeri volati via, [i tuoi uccelli sono volati via], e persino i corvi*.
Volate tutte le dita gelate di quando chiamavano il mio nome.
Il passero volato via e un mostro di dolore
Ha invaso il nido dei miei sogni come un avvoltoio.
Questa melodia è la malattia della tua mancanza che
Spunta fuori dalla mia scatola di valium.
Fin da quando il postino (la colomba bianca) morì
Le parole hanno cresciuto ali e i miei messaggi sono volati altrove.

* Questo è un riferimento ad un tradizionale gioco iraniano per bambini, in cui a turno ogni bambino grida il nome di un animale mentre gli altri bambini poggiano gli indici a terra. Se invece viene gridato il nome di un uccello si devono alzare gli indici e gridare “volo”.

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