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Tre poesie di Jules Supervielle


Tre poesie di Jules Supervielle (Montevideo 1884 - Parigi 1960) tratte da Le livre d'or de la poésie francaise, des origens a 1940, réuni, présenté et commenté par Pierre Seghers. Anche in questo caso la traduzione è mia.









Gli amici sconosciuti

Vi è nato un pesce che comincia a diventare
subito più nero di una corrente degli abissi,
vi è nata una stella sopra la testa,
vorrebbe cantare ma non può fare di meglio
di quanto non facciano, sue sorelle della notte, le stelle mute.

Vi è nato un uccello nel pieno vigore dei suoi anni,
in pieno volo, e si nasconde in cuore la sua storia
poiché non possiede che il suo grido d'uccello per renderla nota.
Vola sopra il bosco, si sceglie un ramo
e li si posa, dove si direbbe uguale agli altri uccelli.

Verso dove scappano queste lepri, e quei furetti,
non ci sono ancora cacciatori in queste terre,
e quale paura li opprime e li spinge a grandi corse,
lo scoiattolo a farsi foglia e legno nella fuga,
la cerva ed il capriolo sorprese all'improvviso?

Vi è nato un amico, ed ecco già vi cerca,
non conoscerà mai il vostro nome e il vostro sguardo
ma bisognerà affrontarlo come gli altri
e che abiti nel suo cuore di battiti straniti
che gli viene per i giorni che non avrà vissuto.

E voi, che fate voi, volto sconvolto
da questi bruschi passaggi, dagli animali, dagli uccelli.
Voi a chi chiedete, voi, tutto il giorno senza notizie,
"se ho mai incrociato qualche amico lontano
come potrei mai riconoscerlo dopo il male che gli ho fatto?

Mi dispiace per voi, mi dispiace per loro, per il silenzio
e le parole sconsiderate,
per le frasi pronunciate da labbra sconosciute
che vi toccano da lontano come tiri fuori bersaglio
e mi dispiace per le fronti che sembro aver scordato.

 

Il forestiero

Si coricava solo dentro grandi letti
di erba alta e ortiche
il suo corpo riluceva nudo
nelle forre della notte
di un sole ancora violento
che veniva da un secolo passato
di monti e valli di luce
attraverso mille oscurità.
Quando imboccava un cammino
non si voltava mai indietro.
C'era la faccenda del suo doppio
sempre a buona distanza
e che gli faceva da scudiero.
Ostili qualche volta gli astri
per assicursi fossero loro
li mettevano alla prova con centiinaia di freccie
pazientemente caricate.
Quando passavano, anche gli alberi
erano privi di vivacità, 
i tronchi fremevano fin nelle fibbre
visibilmente corrucciati,
per non parlare delle foglie,
ce n'era sempre una che cadeva
anche a primavera quando si tengono
e lo fanno con ostinazione.
Gli insetti si affrettavano
nei loro bisogni quotidiani,
tutti, con la coda fra le gambe,
come se li rimproverassero.
La pietra prendeva coscienza
delle sue antiche libertà;
lui, sapeva ciò che stava succedendo
dietro l'immobilità,
e danvanti alla fragilità.
Le ragazze lo temevano,
a volte le donne lo chiamavano
ma lui non le guardava
nella sua crudele castità.
Le mura eccitavano il suo spirito,
si allontanava ricco
di un fascio di segreti
rubati nel cuore della loro notte
e che nascondeva sempre
nel suo cuore sicuro, sua unica valigia,
il suo insieme al cuor dello scudiero.
I loro lavori di terrazzamento
sulle cave della sua anima
li sorpresero sfiniti
presso confini sconosciuti
a tirar fuori una lingua sanguinante
come di cane dai polmoni crepati,
a guardar le sue lunghe mani
come uno specchio di carne e osso
per subito andare avanti.
Le sue falcate erano famose,
ma lui solo conosceva il proprio nome
eccolo: "più grave dell'uomo
e saggio come certi morti
che non hanno mai potuto prendere sonno".

 

Il rimpianto della terra

Un giorno, quando diremo: "Era il tempo del sole,
vi ricordate, illuminava ogni ramoscello,
e sia la donna matura che la giovane inesperta,
riusciva a dar colore agli oggetti sui quali si posava,
andava dietro al cavallo in corsa e insieme a lui si fermava.
Era il tempo memorabile in cui eravamo sulla terra,
in cui si faceva un rumore tale da far cadere qualche cosa,
e ci guardavamo attorno con i nostri occhi indagatori,
le nostre orecchie coglievano tutte le sfumature che c'erano nell'aria
e quando i passi dell'amico venivano avanti noi li conoscevamo,
raccoglievamo sia un fiore che un sassolino liscio.
Era il tempo in cui noi riuscivamo ad acchiapare il fumo,
Ah! ora invece è la sola cosa che le nostre mani saprebbero prendere."


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